Il prossimo 31 gennaio si terrà l’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico delle Diocesi di Alife-Caiazzo, Sessa Aurunca e Teano-Calvi di cui è moderatore il vescovo S.E. Mons. Giacomo Cirulli. Questo servizio alle tre comunità ecclesiali nasceva nel marzo 2016 all’indomani della pubblicazione del documento di Papa Francesco Mitis Iudex Dominus Jesu, che cambiava la dinamica dei processi ecclesiastici in un’ottica di pastoralità, semplificazione e gratuità. Esso ha innanzitutto introdotto il Processo breve, per le dichiarazioni di nullità del matrimonio, richieste da coppie che concordano sulle motivazioni dell’istanza. Da allora, la celebrazione di ogni nuovo anno giudiziario è accompagnata da un approfondimento sui temi; il 31 gennaio l’appuntamento è a San Potito Sannitico, dove sarà infatti presente S.E. Mons. Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, Segretario del Dicastero per i Testi Legislativi che relazionerà su “Il nuovo diritto penale canonico e suoi riflessi pastorali su matrimonio e famiglia”.
In attesa, ci accompagna questa riflessione a firma di don Luigi De Rosa, parroco di San Cosma e Damiano in Vairano Scalo e Giudice del Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano.
La riforma del processo di nullità matrimoniale: la mano tesa di Papa Francesco alle coppie ferite
Luigi De Rosa – Il Santo Padre ha voglia e volontà di rinnovare la Chiesa. Davanti alle ferite sanguinanti delle coppie di sposi che si trovano in situazioni dolorose, Papa Francesco assicura la sollecitudine materna della Chiesa.
Incontrando i partecipanti a un corso promosso dal Tribunale della Rota Romana, il Papa ricorda che la tutela del matrimonio e la cura pastorale delle coppie ferite non possono essere trattate con un approccio meramente burocratico: “Bisogna invece entrare nel vissuto delle persone che soffrono e hanno sete di serenità e felicità…vorrei solo dire che queste cause scavano solchi profondi e amari nel cuore delle persone coinvolte, ferite sanguinanti, dinanzi alle quali la Chiesa non riuscirà mai a passare oltre girando la faccia dall’altra parte”.
La Chiesa, dice Francesco, è ferita da tutto questo: “La Chiesa, quando incontra queste realtà di coppie ferite, prima di tutto piange e soffre con loro; si avvicina con l’olio della consolazione, per lenire e curare. Essa vuole caricare su di sé il dolore che incontra. Per questo ogni causa ecclesiastica che affronta un matrimonio ferito, e dunque gli operatori, i giudici, le parti coinvolte, i testimoni, devono sempre prima di tutto affidarsi allo Spirito Santo. Guidati da Lui, possano ascoltare con giusto criterio, sappiano esaminare, discernere e giudicare”.
Da tali affermazioni è facile comprendere le motivazioni che hanno portato alla modifica del processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo introdotto nella legislazione canonica latina, con la promulgazione del Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus. Il contenuto della Riforma è molto ampio in quanto tocca numerosi settori del processo matrimoniale canonico e non può essere circoscritto al processus brevior coram Episcopo, che pure ne costituisce la novità più rilevante.
L‘intenzione riformatrice del Sommo Pontefice Francesco è stata di stabilire: “disposizioni con le quali si favorisca non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità, affinché, a motivo della ritardata definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio”. In tale direzione è evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è giudice tra i fedeli a lui affidati. Si auspica pertanto che in ogni diocesi lo stesso Vescovo offra un segno della conversione delle strutture ecclesiastiche, e non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale. Oltre a rendere più agile il processo matrimoniale, si è disegnata una forma di processo più breve – in aggiunta a quello documentale come attualmente vigente –, da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti. In questi ultimi anni si sono deplorate le lungaggini, le inefficienze, gli elevati costi delle procedure di nullità. Inevitabile, dunque, che gli echi di queste lagnanze risuonassero al Sinodo dei Vescovi, convocato in III Assemblea Generale Straordinaria dal 5 al 19 ottobre del 2014, e incardinato su Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione.
Questa sollecitazione dei Vescovi per la ricerca di antidoti ai vizi lamentati è confluita nei Lineamenta approntati in vista del Sinodo successivo in Assemblea Ordinaria che, per volere del Papa, si sarebbe celebrato l’anno seguente. Con la promulgazione del Motu Proprio, del 15 agosto 2015, in risposta alle anzidette sollecitudini, è stata introdotta quindi la tanto auspicata riforma del processo canonico di nullità matrimoniale. Le problematiche connesse all’organizzazione e all’operato dei Tribunali ecclesiastici sono state superate proprio con la predetta riforma, basata sul principio della centralità del Vescovo, quale Giudice naturale dei fedeli; su quello della sinodalità del servizio della giustizia e sul principio della prossimità del Giudice e della celerità e semplicità del giudizio.
Il processus brevior rappresenta unanimemente la novità di maggiore rilievo introdotta con il Mitis Iudex Dominus Iesus.
E’ doveroso evidenziare che il processus brevior coram Episcopo costituisce un vero e proprio processo giurisdizionale, anche se contraddistinto da una istruttoria semplificata, e non di un procedimento amministrativo nel quale le garanzie del giusto processo vengono attenuate o ancor di più calpestate. È ancora il caso di ribadire come il carattere giurisdizionale del processo più breve sia espressione di una volontà precisa del Sommo Pontefice Francesco il quale afferma nel Proemio al Motu Proprio: «Ho fatto ciò, comunque, seguendo le orme dei miei predecessori, i quali hanno voluto che le cause di nullità del matrimonio vengano trattate per via giudiziale, e non amministrativa, non perché lo imponga la natura della cosa, ma piuttosto lo esiga la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo; e ciò è esattamente assicurato dalle garanzie dell‘ordine giudiziario». Ed inoltre, prosegue Francesco: «non mi è tuttavia sfuggito quanto un giudizio abbreviato possa mettere a rischio il principio di indissolubilità del matrimonio; appunto per questo ho voluto che in tale processo sia costituito giudice lo stesso Vescovo; che in forza del suo ufficio pastorale è con Pietro il maggiore garante dell‘unità cattolica nella fede e nella disciplina».