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Settimana Biblica, Mons. Cirulli “A a che punto siamo del cammino?”

L’appuntamento peregrinante nei Luoghi di Fede delle Diocesi di Teano-Calvi ed Alife-Caiazzo si è concluso ieri sera a Riardo, con un particolare intervento del Vescovo: una serie di domande che fanno da provocazione per tutti i fedeli, sia presenti che assenti all’incontro

Alfonso Feola – L’incontro svoltosi ieri sera presso il Centro pastorale Don Tito di Riardo ha segnato la tappa conclusiva della Settimana biblica interdiocesana, momento corale di approfondimento e di crescita nella Lettura e nella condivisione della Parola di Dio.

Come nel primo appuntamento, la riflessione concisa di Mons. Giacomo Cirulli ha saputo raggiungere i cuori dei presenti, chiamati a meditare sul tema La sinodalità della Scrittura, nella Tradizione e nella Storia.

Riflettendo sul brano evangelico di Luca, narrante l’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus, il Vescovo ha esordito dicendo “Questo episodio è una sorta di riassuntivo del cammino che abbiamo fatto in questi giorni. Chiudiamo il primo anno di Sinodo, parlando di questo popolo in cammino e di Gesù Cristo, crocifisso e risorto. Ieri sera si diceva che lo scopo da ottenere nella celebrazione è l’incontro con Gesù Cristo. Non ci sono finalità più grandi e più importanti di questa. Prendendo spunto dall’incontro di Betania, possiamo dire che questo racconto è diretto a tutti i cristiani di sempre, a quelli di ieri, a quelli di oggi ed a quelli che verranno. L’incontro con Gesù crocifisso e risorto è il fondamento di questo episodio.”

A questo punto, Mons. Cirulli ha impostato gran parte del suo intervento, dando vita ad un vero e proprio questionario, con il quale ha interrogato i presenti “Quando si ascolta un’omelia sarebbe interessante, da parte di chi la fa, di capire cosa ne pensano gli altri: voi per esempio, cosa ne pensate? Quando io vi dico che una celebrazione deve farci incontrare con Gesù Cristo voi cosa ne pensate? La prima domanda che io mi farei è ‘mi incontro con Gesù Cristo?’ (…) Io ho il desiderio di incontrare Gesù Cristo, quando vado alla celebrazione domenicale? E’ questa la mia intenzione, fare un incontro vero, vivo e non narrato, con il Signore risorto? Me ne vado dalla celebrazione dicendo ‘Signore, grazie perché mi hai parlato?’ (…) Ci è stato detto che è vivo, ci hanno trasmesso questa notizia, siamo qui per questo (…) Noi quando andiamo a Messa chi vogliamo incontrare? Riconosciamo il Signore crocifisso e risorto, con tutto il valore che ha questa presenza nella nostra vita? Andiamo lì per ascoltare Gesù, il Signore, per riconoscerlo mentre si offre per la nostra salvezza, invitandoci ad essere uomini e donne che si offrono con lui per la salvezza dell’umanità? Questo succede?”

Ed ancora “Ripartiamo da questa settimana: Gesù parla, la celebrazione è il luogo proprio del Signore che parla, la ‘mensa della Parola’ dove ascoltarlo come Parola che entra nella nostra vita e fa la nostra vita. Poi, lo accogliamo come pane spezzato per essere anche noi pane spezzato? Si, no? E se no, perché? Questo racconto, come cristiani di tutte le epoche ci fa capire come da questo incontro nascono poi tutte le possibilità di incontro, da questo incontro sgorga la nostra vita in Cristo. (…) In quale tratto del cammino siamo noi? In quale settore del cammino: è importante chiedercelo, visto che si parla di Sinodo! (…) Dove siamo adesso, dobbiamo ancora riconoscerlo? (…) Ognuno sta camminando per conto proprio, o peggio, stiamo andando via? (…) Oppure siamo gli inviati, quelli che devono annunciare la Buona Notizia in tutto il mondo, nelle case, sulla strada? Dove stiamo? E’ una domanda di relazione tra noi e il Signore Gesù, riguardo le attese che abbiamo rispetto a Gesù! (…) Abbiamo accettato che Gesù è morto crocifisso, si è immolato?”

Infine, allargando il cerchio alla più ampia schiera della Chiesa, Mons. Cirulli ha rilanciato “Cosa succede alla Chiesa, cosa ci sta succedendo, quali sono i nostri problemi? Cosa dobbiamo fare? Gesù ce lo ha chiesto questa settimana, a che punto siete? Ve lo state chiedendo perché c’è questo momento di difficoltà grosso, ve lo state chiedendo seriamente, facendo parlare lui ed ascoltandolo durante la celebrazione domenicale? Io credo che in questa fase ci venga richiesto coraggio e serenità. Cosa sta succedendo nelle nostre Diocesi? Chi ha preso sul serio questo momento fondamentale nella vita della Chiesa? Ce lo dobbiamo chiedere, sono domande urgenti, necessarie, perché questo cammino non diventi una cosa che dobbiamo fare, uscirà un documento, lo leggeranno e finisce anche quest’altra storia. E spero con tutto il cuore di sbagliarmi. Allora, si parte da qui, dalla Parola celebrata, tutti quanti insieme.”

L’attenzione dei presenti alle provocazioni del Vescovo ha segnato in modo tangibile il momento vissuto: interrogativi forti, estremamente attuali, parte dei quali rimasti sospesi, senza risposta, proprio per favorire una reazione, anche successiva, nelle persone che li hanno ascoltati.

In conclusione dell’incontro, Mons. Cirulli ha ringraziato quanti hanno preso parte alla Settimana biblica, accennando ai Cantieri di Betania, seconda fase del Sinodo universale, che troverà attuazione nei prossimi mesi, grazie all’azione congiunta dei Delegati diocesani di Teano-Calvi e di Alife-Caiazzo.


Settimana biblica, Don Emilio Salvatore “Non ha senso celebrare se non condividendo con il fratello”

La stretta correlazione tra i concetti di “celebrazione” e di “Sinodalità” è stata al centro della catechesi svolta ieri sera dal Preside della PFTIM sul piazzale del Santuario francescano di Monte Muto

Alfonso Feola – Come nel primo appuntamento, la Settimana biblica interdiocesana segna una nuova tappa in un Luogo di Fede francescano, l’ultima nell’area alifano-caiatina: il Santuario di Santa Maria Occorrevole in Piedimonte Matese.

Sul piazzale antistante la Chiesa conventuale, sotto lo sguardo della quattrocentesca Virgo orans, Mons. Giacomo Cirulli ed i numerosi partecipanti hanno seguito la catechesi dettata da Don Emilio Salvatore, Preside della Pontifica Facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli – sezione San Luigi, incentrata sul tema Celebrare per camminare insieme (Dt 26, 1-11).

“Il Sinodo è una celebrazione – ha affermato Don Emilio, in apertura del suo intervento – infatti noi diciamo celebrare il Sinodo perché nel raduno e nel dialogo illuminato dallo Spirito Santo si realizza un evento che riconosce il dono di Dio nella Comunità radunata per rendere grazie al Signore, assumendo l’oggi, ripensando ieri e rendendo viva l’azione del Signore per il futuro. E allora vivere la Sinodalità significa l’importanza del celebrare, per ritrovare le ragioni del convenire e del camminare insieme. Si cammina perché motivati da quanto si celebra e si celebra per ricordare il cammino fatto e lasciare che esso si apra a nuovi percorsi.”

Tratteggiando una visione d’insieme sintetica ed efficace, Don Emilio ha sviscerato il concetto del celebrare suddividendolo in tre punti “Innanzi tutto Celebrare è vivere la gratitudine del presente (…) Si tratta di celebrare i doni, nel dono ricevuto. Significa per noi rivolgersi a Dio per offrirgli il dono del presente, che unisce insieme il creato, il lavoro dell’uomo e la gioia del cammino percorso. A volte non cogliamo la validità e la bellezza del celebrare, che nella dinamica sinodale invece vuol dire soprattutto leggere il nostro oggi come un dono. Negli incontri fatti anche nelle nostre parrocchie, è emersa maggiormente quella tendenza a dire ciò che non va. In una dinamica sinodale invece, celebrare significa riconoscere ciò che abbiamo ricevuto. Se non avessimo ricevuto nulla, noi non saremmo qui stasera. Noi siamo qui dopo aver fatto un cammino, per riflettere sul percorso compiuto e per imparare a rendere grazie al Signore.”

Tuttavia, non c’è celebrazione che ignori un prima, un percorso dal quale si proviene, perché in fondo “Celebrare è fare memoria del passatoe qui Don Emilio, passando in rassegna i momenti salienti della storia del popolo eletto ha sottolineato come “Il punto di partenza è l’origine umile, che vede Israele cosciente di quanto la sua storia non poggi su requisiti di alto lignaggio, ma sull’azione di Dio (…) il punto di svolta è l’Esodo, la liberazione del popolo, mentre il momento finale è la nascita del popolo, quale grande e potente nazione. Il passato e il presente sono sempre collegati (…) Il cammino compiuto da Israele non porta alla libertà tout court, ma porta alla comunione, al servizio di Dio che nella Storia di Israele ha due qualifiche, una liturgica e un’altra legata alla testimonianza della vita, alla testimonianza della legge del Signore. Nel ricordare narrando, colui che celebra rivive il passato come un eterno presente e vede il futuro nella prospettiva di una presenza costante che non lo abbandona. Celebrare allora, significa fare memoria della lunga storia che ci ha preceduto, una storia che poi si ricapitola in un gesto, in un racconto in cui si rinnova la nostra identità, come facciamo durante la celebrazione eucaristica. Chi non celebra non ha identità, è uno smemorato, è uno senza storia, è uno che non sa da dove viene e non sa dove va. Questa perdita della memoria, che caratterizza soprattutto il mondo contemporaneo, è tutt’uno con l’assenza della gioia celebrativa, che ci rende privi di identità, isolati e privi di radici.”

Infine “Celebrare è condividere con tutti (…) ­­– e qui Don Emilio puntalizza – La dimensione della condivisione e la tonalità gioiosa sono due momenti fondamentali della celebrazione: non possono mancare mai, né per Israele né per noi (…) La gioia è l’espressione corporale ed emozionale che meglio esprime il gesto celebrativo, lì si realizza la vera celebrazione del dono ricevuto, ma ciò si deve tradurre nel donare agli altri. Non c’è celebrazione autentica, né cammino autentico che non si traduca in amore verso gli altri. La celebrazione di Dio attraverso la memoria dei suoi doni non può bypassare la memoria del fratello (…) Ogni volta che tu celebri, non puoi ignorare questo cammino né puoi farlo da solo. Ecco la sinodalità, camminare insieme: non ha senso celebrare se non condividendo con il fratello, accogliendo e superando le difficoltà che ci sono con lui (…) Il culto non può essere sganciato dalla vita (…) camminare non è tanto sinonimo di un pellegrinaggio compiuto con i piedi quanto soprattutto di uno stile di vita, camminando nelle vie del Signore.”

Al termine della Catechesi, molti partecipanti hanno voluto constatare e rimarcare, attraverso il momento di collatio, che la celebrazione vissuta come gratitudine e nella gioia sia spesso assente durante la celebrazione eucaristica all’interno delle Comunità locali e di quanto ci sia bisogno di recuperare l’aspetto condivisivo all’interno di esse. Anche Mons. Cirulli ha lasciato un contributo, concludendo sulla necessità di una maggiore corresponsabilità specialmente all’interno delle Istituzioni nazionali, alla luce degli avvenimenti accaduti nelle ultime ore.


Settimana biblica, Don Massimiliano Piciocchi: “la Sinodalità è un solco tracciato da sempre nella Scrittura”

La Settimana biblica interdiocesana torna in territorio sidicino, presso l’Istituto ‘Padre Semeria’ di Sparanise: cresce anche la partecipazione attiva dei partecipanti, sempre più coinvolti attraverso la condivisione

Alfonso Feola – La Settimana biblica interdiocesana, dopo la coinvolgente tappa di Castel di Sasso, si sposta nuovamente nel territorio diocesano di Teano-Calvi, trovando accoglienza presso l’Istituto Padre Semeria di Sparanise.

Immersi nella pace del giardino antistante, i partecipanti hanno ascoltato (e dialogato con) Don Massimiliano Piciocchi, Responsabile delle Comunicazioni Sociali della Diocesi di Teano-Calvi, chiamato a sviluppare il tema “Lo Spirito Santo e noi”, dalla Pentecoste al Concilio di Gerusalemme: la Sinodalità della prima Comunità.

“L’obiettivo di queste giornate – ha esordito Don Massimiliano – è di trovare tracce di sinodalità all’interno della Sacra Scrittura, perché altrimenti corriamo il rischio di pensare che il Sinodo sia una pia pratica, mentre la Sinodalità è un solco già tracciato da sempre nell’Antica Scrittura. Possiamo vederlo anche attraverso quel luogo privilegiato che è il libro degli Atti degli Apostoli, narrante le vicende della prima Chiesa, la Chiesa di Gerusalemme che per noi resta un punto di riferimento, un modello a cui guardare per essere Chiesa oggi, nel nostro tempo, come il Signore desidera. Il Libro degli Atti però non è una cronistoria degli eventi, non è questa l’intenzione dell’autore (che la tradizione attribuisce all’Apostolo Luca, autore anche del terzo Vangelo). Chi scrive Atti degli Apostoli mette insieme, come una collezione di quadri, le gesta più significative della Chiesa nascente, ad opera degli Apostoli, protagonisti di questo racconto fino ad un certo punto, perché il protagonista vero e proprio di questo libro è lo Spirito Santo, capace di far crescere la Chiesa. Ed è un racconto teologico ovviamente. C’è un’idea dietro che vuole farci guardare a questo movimento, dove la Storia di Gesù continua nella Storia della Chiesa (…) E’ una spinta quasi, quello che lo Spirito fa alla Chiesa: quando Papa Francesco parla di ‘Chiesa in uscita’, non si è inventato nulla, la Chiesa è da sempre in uscita perché proprio cosi la desidera lo Spirito, dal chiuso del Cenacolo in uscita verso il mondo.”

Sottolineando come, negli Atti degli Apostoli, il tema della Sinodalità sia frequentissimo, Don Massimiliano sottolinea “La riflessione di stasera serve per farci rubare il mestiere della Sinodalità, dobbiamo far nostro l’atteggiamento della prima Chiesa che si mette in cammino, in ascolto della Parola, in ascolto del sentiero tracciato da Gesù (…) I primi cristiani erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli quali depositari del messaggio di Gesù. Questa ‘apostolicità’ è fondamentale per la prima Comunità e deve continuare ad esserlo per noi. Erano assidui nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione: l’annuncio, la carità come condivisione e la celebrazione, sono le tre anime della Chiesa-modello a cui dobbiamo guardare. La Chiesa che il Libro degli Atti degli Apostoli ci consegna non è statica, perché la Pentecoste rompe ogni staticità (…) dalla stasi si è passati alla Chiesa dinamica, alla Chiesa in cammino che vive una espansione della Parola di Dio (…) E’ lo Spirito che agisce, che allarga i cuori e la Chiesa. Gli Apostoli annunciano, si aggiungono nuovi credenti e la Chiesa si espande.”

Ma nella Chiesa degli inizi non era tutto rose e fiori: infatti, accanto all’espansione ed alla condivisione, fiorivano contrasti e distinguo, intorno ai quali lo Spirito non si è mai stancato di continuare a soffiare: su questo punto, Padre Massimiliano sottolinea “Nel caso eclatante dell’episodio di Pietro e Cornelio, lo Spirito spiazza totalmente Pietro, che scelto a capo della Chiesa, avrebbe potuto dire ‘il capo sono io’, invece si lascia scuotere ed interrogare dallo Spirito, che gli indica un’altra strada da seguire, rispetto a quella che aveva in mente. (…) Corinto invece era una delle Comunità più ‘drammatiche’: lì non vanno d’accordo, c’erano difficoltà e discutevano animatamente. Paolo li bacchetta, poi con Barnaba va a Gerusalemme, dove convennero i rappresentanti delle Chiese locali (come in grande accade nei Concili): la radicalità delle posizioni differenti già c’era – tuttavia – tra gli atteggiamenti che possiamo far nostri, c’è quello di una Chiesa che si riunisce per interpretare i segni dei tempi, che si lascia interrogare da quello che sta succedendo, da quello che si sta vivendo. Non si riuniscono per fare speculazione teologica (…) ma perché c’è il riconoscimento che lo Spirito sta segnando uno spazio ed un tempo rispetto da quello che comprendiamo da soli. C’è il riconoscimento di una Chiesa che non si sente onnipotente.”

Su questi ultimi punti, i partecipanti hanno sviluppato la fase della collatio, della condivisione, toccando anche il tema del rapporto presbiteri-laici, emerso a più riprese anche a livello nazionale nella prima fase del Sinodo universale: gli interventi, ai quali ha preso parte anche il Vescovo Mons. Giacomo Cirulli, hanno teso a sottolineare come l’azione dello Spirito diventi più forte e cruciale proprio nel pieno di tali situazioni.


Padre Antonio Di Masi: Centralità del popolo, primo protagonista del rapporto con Dio

Così il religioso redentorista ha presentato il tema del secondo appuntamento con la Settimana biblica interdiocesana, che ha portato nel tranquillo “Borgo Sasso” i fedeli di Teano-Calvi e Alife-Caiazzo

Alfonso Feola – Ieri sera, il secondo appuntamento della Settimana biblica interdiocesana ha fatto tappa nel territorio di Alife-Caiazzo, fermandosi a Castel di Sasso, più precisamente a Borgo Sasso. Nella piazza prospiciente la Chiesa parrocchiale di San Biagio, i partecipanti provenienti anche dalla Diocesi di Teano-Calvi si sono dati appuntamento con il Vescovo Mons. Giacomo Cirulli, per continuare il ciclo di riflessioni legate al cammino sinodale. Una tappa all’insegna del ritmo lento e tranquillo del piccolo Borgo, dove l’accoglienza del Parroco Don Paolo Vitale, delle Autorità e delle associazioni locali, fino ai singoli fedeli non si è limitata alla semplice accoglienza, ma si è evoluta in lungo momento di agape fraterna.

La seconda tappa, incentrata sul tema Il popolo in cammino: dall’Esodo all’Alleanza, dalla schiavitù al popolo sacerdotale è stata guidata da Padre Antonio Di Masi, Superiore della Comunità redentorista di Santa Reparata in Teano, il quale ha preso la parola subito dopo l’intronizzazione della Parola di Dio. Il primo passaggio che il Religioso ha voluto affrontare è stato quello che lega il popolo cristiano in cammino e la sinodalità “Quando sentiamo parlare di cammino sinodale, ciascuno di noi ha una sua idea, ma gli elementi fondamentali sono il cammino e la Bibbia, in un tempo straordinario di ascolto della Parola di Dio che diventa un tempo opportuno per l’ascolto tra di noi ‘Chiesa’, ovvero tutti noi battezzati, che abbiamo diritto a parlare e dovere di ascoltare. La lettura del Libro dell’Esodo, che è il secondo libro della Bibbia, ci permette di mettere in risalto proprio l’importanza del popolo.”

Padre Di Masi ha poi rilanciato “La parola ‘esodo’ vuol dire ‘uscita’, dunque cammino: l’esperienza dell’Esodo ci restituisce prima di tutto il concetto di pellegrinaggio dei fedeli che si mettono in cammino per raggiungere un luogo straordinario di esperienza di Dio, dove si prega ma si spera anche di tornare arricchiti spiritualmente, moralmente ed esistenzialmente.” Su questo aspetto prende piede la sinodalità, che “manifesta a noi il carattere pellegrino della Chiesa: l’immagine del popolo di Dio, convocato tra le nazioni, esprime la sua dimensione sociale, storica e missionaria, che corrisponde alla condizione ed alla vocazione dell’essere umano, quale uomo-viator, uomo in cammino, dove tutta l’esistenza è un cammino senza interruzioni. L’immagine che illumina l’intelligenza del mistero è Cristo, inteso come la Via (‘Io sono la Via, la Verità e la Vita’). Cristo, Via che ci conduce al Padre, è la Via di Dio verso l’uomo e dell’uomo verso Dio. L’evento di Grazia, con cui Egli si è fatto pellegrino, piantando la sua tenda in mezzo a noi, si prolunga nel cammino sinodale della Chiesa. Questo, in estrema sintesi, è anche il pensiero della Commissione teologica internazionale, organismo autorevole che mette l’accento sulla dimensione pellegrinante in tutta l’ottica della sua storia e del suo esistere.”

La centralità del popolo e la dimensione pellegrina e sinodale che lo accompagna mostra evidenti analogie tra il popolo eletto ed il popolo cristiano di oggi, dove tutti sono chiamati in causa, tutti sono protagonisti ed in un certo qual modo responsabili del rapporto con Dio e con l’uomo. Una responsabilità condivisa, dove le donne hanno un ruolo centrale e talvolta decisivio, non solo nell’ambito dell’Esodo “Non è Mosè che decide – assicura Padre Masi – ma il popolo intero assume l’impegno dell’Alleanza con Dio e delle sue conseguenze (…) Da popolo di schiavi, diventa perciò popolo sacerdotale che con la sua storia rende lode a Dio: questa dimensione sacerdotale prima di tutto, si manifesta nell’ambito ministeriale del nostro sacerdozio, ma la dimensione radicale è quella di rendere lode a Dio. Un incidente, quello del ‘vitello d’oro’, dimostra anche come il superamento di una colpa grave, del peccato, permette di riprendere il cammino e di rinnovare l’alleanza.” Su quest’ultimo assist, ripreso dai partecipanti nel momento della collatio, il Religioso redentorista ha concluso “Il perdono cristiano è unico nella Storia delle religioni. Altre religioni non hanno il dono di dare il perdono e di ricevere il perdono. Noi dobbiamo ricordarci che non possiamo metterci solo dalla parte di quelli che devono perdonare, ma dalla parte di qualcuno che chieda di perdonare tutte le sue colpe, quali che esse siano (…) Il perdono è Misericordia, prima di tutto: parola grande nell’equilibrio delle relazioni tra l’uomo e Dio nell’Antico Testamento. Questa Misericordia che non è semplicemente tenerezza compassione e sommovimento interiore. In realtà è preoccupazione, perché Dio si preoccupa di noi in tutto. Fguriamoci se vuole distruggerci dopo aver vissuto una fragilità, una debolezza, un peccato od un delitto! Dietro tutto questo c’è sempre l’ideale della conversione: l’immagine massima è quella del buon ladrone in croce, che riesce ad afferrare il perdono e la salvezza”.


Nell’atrio di ingresso al Santuario dei Lattani, si è tenuta la prima catechesi della Settimana biblica che accompagnerà i fedeli in “pellegrinaggio” nei luoghi più cari delle Diocesi di Teano-Calvi ed Alife-Caiazzo

Il primo appuntamento con la Parola di Dio è affidato al Vescovo Mons. Cirulli

Alfonso Feola – La cornice fresca e silenziosa del Santuario dei Lattani di Roccamonfina si è rivelata la cornice perfetta per il primo appuntamento della Settimana biblica, che vede accomunate le Diocesi di Teano-Calvi e di Alife-Caiazzo in un percorso unitario. Da qui a venerdi 22 luglio, questo appuntamento darà ai Luoghi di fede più cari alla nostra gente la valenza di pulpiti d’eccezione, dove la Parola di Dio, riecheggiando da essi, potrà offrire una rinnovata ricchezza di spunti ed orientamenti per il momento storico che stiamo vivendo.

Nella prima catechesi, tenuta ieri sera da Mons. Giacomo Cirulli ed incentrata sul tema In ascolto delle Sacre Scritture, il Vescovo è partito dall’incipit del Vangelo di Giovanni (1,1-18) ed ha introdotto il tema della presenza di Dio nella Storia attraverso la sua Parola: “L’Emmanuele, nella traduzione reale del termine ebraico è il ‘Dio con noi’. Lui è sempre presente e questo è un aspetto bellissimo: non è uno spettatore distratto dei nostri guai. E’ con noi, parla a noi come parla agli amici… e poi lo abbiamo potuto toccare, vedere ed ascoltare quando nella pienezza dei tempi, Dio, la Parola, si è incarnato. L’importanza della Parola implica che noi dobbiamo sempre approfondirla e Gesù ne è il punto cruciale: Colui che era, che e ‘che viene’, come attesta la formula verbale suggerita dall’Apocalisse, indica una presenza tangibile di Dio nella nostra Storia, sempre e comunque.”

Tuttavia, la presenza di Dio, il suo parlare al cuore dell’uomo, non sono materie che per l’umanità sono di facile ricezione. Infatti, non tutti sono allenati o quanto meno sensibili all’Ascolto della Parola, secondo punto della Catechesi di Mons. Cirulli. Pertanto “Chi ci deve mettere tutti sulla stessa strada? – ha chiesto il Vescovo ai presenti – Chi ci deve dire come devono essere le nostre relazioni? Chi parla ad ognuno di noi e dice la stessa cosa (anche se la parola entra in uomini e donne che sono stati creati ciascuno con la sua intelligenza e con i suoi carismi)? Dio cosa vuole da me e da te?” E raccontando le sue esperienze ecclesiali nel periodo immediatamente successivo al Concilio Vaticano II, ha aggiunto “Ricordo l’entusiasmo che c’era nelle associazioni, nell’Azione cattolica che per esempio frequentavo: fu un momento bellissimo e ringrazio il Signore di avermi fatto vivere quel momento nell’età giusta, da giovane. Erano cose che ci mettevano in contatto con una teologia che da bambini non avevamo sentito minimamente: Dio che parla e si offre, Dio che è sempre con noi, Dio che è nella Storia, Dio che viene e che è luce per il nostro cammino. Dopo circa sessant’anni mi chiedo, dov’è finito tutto l’entusiasmo, tutta la voglia di ascoltare il Signore che parla, la ricerca, l’approfondimento, i gruppi biblici, la Lectio divina? L’ascolto ha importanza fondamentale del dialogo tra Dio e noi.”

Terzo punto della catechesi del Vescovo Cirulli è stata la captazione dei segni dei tempi che durante il Concilio Vaticano II ha avuto un ruolo di primo piano. “I segni dei tempi sono indicatori del nostro rapporto attuale con Dio e con la storia che noi viviamo – ha detto il Vescovo – I segni dei tempi del 1700 e del 1800 non erano gli stessi dei nostri tempi. Ci piaccia o non ci piaccia è così. Dio conosce questo mondo meglio di noi e sa bene cosa si agita nel cuore dell’uomo, quindi sa che ci saranno segni del suo operare, che indicheranno almeno parzialmente quali processi storici corrispondono a questo disegno salvifico e quali spazi del mondo moderno, invece, sono particolarmente refrattari a questa presenza di vita.” Inoltre, parlando della lettura di questi segni, alla luce dell’esperienza di Gesù con gli scribi e dei farisei, il Vescovo ha aggiunto “Ci vuole una disponibilità veramente grande per accogliere nella Storia quello che Dio indica. Dio è presente, opera nella nostra Storia contemporanea e lo fa anche nelle sue dimensioni secolari. Non c’è un mondo di Dio che non sia di Dio, è tutto suo. Ed il suo modo di operare non è arbitrario o confuso, non è improvvisato ma articolato in movimenti che più corrispondono alla volontà salvifica dell’uomo e specialmente per i poveri e gli emarginati.”

Infine, tra i segni dei tempi colti e messi a frutto, Mons. Cirulli ha annoverato la Riforma liturgica come “un intervento di Dio dentro la nostra stessa vita della Chiesa, perché l’incontro con il Signore Gesù fosse facilitato per la comprensione di quel mondo e di questo mondo” ed il dialogo ecumenico tra le Chiese cristiane e con le altre fedi, concludendo come sempre la Parola “deve illuminare e guidarci nel cammino”.


Nota della Diocesi sul Convento e il Santuario di Sant’Antonio in Teano

Alcune precisazioni d'obbligo per evitare la diffusione di notizie parziali

Diocesi di Teano-Calvi

Nota dell’Ufficio Comunicazioni Sociali

 

Vista la diffusione di notizie parziali che da qualche giorno imperversa nei canali social in merito alla decisione dell’Ordine dei Frati Minori in merito alla comunità francescana presente nel Santuario di Sant’Antonio in Teano, onde evitare ulteriore confusione nel popolo di Dio, pur non essendo diretta competenza di tale Diocesi, si ritiene opportuno precisare quanto segue.

In data 14 luglio 2022, si è concluso il XXIV Capitolo provinciale della Provincia Napoletana del SS. Cuore di Gesù dell’Ordine dei Frati Minori. La carenza evidente di vocazioni religiose nella famiglia dei Frati Minori, unita al numero consistente di comunità francescane presenti nel territorio della provincia, ha indotto il Padre Provinciale dell’Ordine con il suo Consiglio a compiere alcune delicate scelte. Nel territorio della Provincia napoletana, infatti, il numero delle comunità francescane attive è stato ridotto di cinque unità; tra le comunità francescane interessate da tale riorganizzazione pastorale vi è la comunità di S. Antonio in Teano, già da qualche tempo ridotta al numero minimo di frati.

In seguito alla comunicazione di tale notizia, si è generata nei fedeli notevole confusione; si è giunti frettolosamente a conclusioni non rispondenti a quello che sarà il futuro reale del Convento e del Santuario di Sant’Antonio.

In primo luogo occorre precisare che nel Convento, al posto della Comunità francescana, si avrà la presenza stabile della Comunità Emmaus, movimento ecclesiale nato nella Diocesi di Nocera-Sarno, grazie all’opera di don Silvio Longobardi.  È possibile reperire tutte le informazioni necessarie sulle opere svolte e sulla spiritualità di tale associazione laicale al seguente indirizzo: https://www.emmausweb.org.

La presenza francescana nel Santuario di Sant’Antonio sarà assicurata dalla Comunità dei Frati Minori del Santuario dei Lattani, di cui Sant’Antonio diventa rettoria. La Diocesi di Teano-Calvi, nella persona del Vescovo S.E. Mons. Giacomo Cirulli, inoltre, si è adoperata e si adopererà con ogni sforzo e risorsa possibile per assicurare la continuità della presenza ecclesiale in tale luogo di forte spiritualità per il territorio di Teano. È garantita non soltanto la celebrazione della S. Messa domenicale, ma anche la celebrazione quotidiana, così come l’apertura quotidiana del Santuario per consentire ai fedeli di accedervi per la preghiera personale. È garantita, inoltre, la presenza dell’Ordine Francescano Secolare, che, assistito spiritualmente dai Frati Minori dei Lattani, manterrà le proprie attività, nonché la custodia dei locali attualmente in loro disponibilità. Allo stesso modo, è garantito al Gruppo Scout l’uso degli spazi di cui già attualmente gode, nonché l’assistenza spirituale.

In definitiva, e per fugare ogni erronea comprensione, il Santuario di Sant’Antonio non sarà chiuso. Nell’interesse di tutta la collettività, si fa appello, in questo momento storico, a maturare nel cuore e nella mente la giusta apertura e una buona disposizione d’animo ad accogliere la nuova progettualità a cui il Convento, il Santuario e la comunità ecclesiale teanese vanno incontro.

In ultimo, è opportuno sottolineare, la profonda collaborazione tra la Provincia Napoletana dei Frati Minori e la Diocesi di Teano-Calvi nel cercare la soluzione più rispettosa possibile dei luoghi, della storia e della crescita della vita cristiana e della fede nella città di Teano e nella Diocesi tutta.


18-22 Luglio: appuntamento con la Settimana Biblica

Il Vescovo e alcuni presbiteri delle Diocesi di Teano-Calvi e Alife-Caiazzo guideranno le riflessioni e gli approfondimenti della Settimana biblica

Dopo due anni di pausa legati alle restrizioni relative alla diffusione del Covid-19, ritorna il consueto appuntamento estivo con la settimana di formazione e approfondimento sulla Parola di Dio, promosso dal Vescovo S.E. Mons. Giacomo Cirulli: abitudine consolidata nella Diocesi di Teano-Calvi e che ora coinvolge anche quella di Alife-Caiazzo. Si terrà dal 18 al 22 Luglio alle 20.00 in alcuni luoghi particolarmente significativi per la tradizione e la spiritualità dei due territori diocesani.

La Settimana biblica si colloca nel contesto del Cammino Sinodale, che, da ormai quasi un anno, vede la Chiesa universale e, in maniera più approfondita la Chiesa Italiana, riflettere, guardarsi dentro, ascoltare, cercare risposte alle domande che il mondo solleva, sforzarsi di camminare insieme in ascolto dei “segni dei tempi”, così come il Concilio Vaticano II ha insegnato.

Camminare insieme” non è un’invenzione della Chiesa contemporanea, che si trova ad attraversare un periodo crisi sotto la minaccia del relativismo, dello svuotamento di alcuni valori fondamentali, della perdita di un orientamento comune a tutto il Popolo di Dio; è piuttosto un’esigenza intrinseca, una vocazione originaria alla quale la Chiesa non può, non deve e non vuole sottrarsi. Si è “ecclesia” se si è chiamati insieme ad essere comunità, si diventa comunità se si cammina insieme, guidati dall’unico Spirito, su un sentiero preciso, quello del Vangelo, tracciato da Gesù da riscoprire ogni giorno alla luce della Parola di Dio.

Proprio la Scrittura riporta una lunga narrazione di un camminare insieme, seppur con mille prove, tradimenti, infedeltà, invocazioni di misericordia. Il “non è bene che l’uomo sia solo” del libro della Genesi, che esprime la realtà fondamentale della relazione – costitutiva per la vita di ogni credente – trova la sua espressione nella carovana di Abramo che si muove, in uscita dalla sua terra, spinto da una Parola, alla ricerca di una terra nuova, terra di condivisione, di incontro, di comunione. Attraversando il deserto, sperimentando quotidianamente la propria fragilità e la fedeltà di Dio alla sua parola, il Popolo si riscopre comunità che cammina, che celebra, che testimonia, che annuncia. Mutano i tempi, ma non muta l’identità della comunità, che intorno a Gesù si fa chiesa itinerante, in cammino e sempre chiamata a discernere di volta in volta, la direzione segnata dallo spirito.

Facendo tappa in diversi luoghi simbolo dell’identità di fede del popolo delle due diocesi, alcuni relatori esperti nello studio della Sacra Scrittura ci guideranno ad entrare nelle profondità della Sacra Pagina, allo scopo di rintracciare, seppure in maniera non esaustiva, il filo conduttore della sinodalità all’interno della Parola che la tradizione della Chiesa ci ha insegnato e che ci ha consegnato come mandato.

Il primo incontro si svolgerà nella cornice del Santuario della Madonna dei Lattani in Roccamonfina e sarà tenuto dal Vescovo S.E. Mons. Cirulli che farà riferimento all’ascolto delle Scritture come dimensione fondamentale della vita della Chiesa così come annuncia il Documento preparatorio.

Successivamente, in quel di Castel di Sasso, Padre Antonio Di Masi declinerà per brevi cenni il cammino del popolo di Israele, dall’Esodo all’Alleanza, dalla schiavitù al popolo sacerdotale. Mercoledì 20 Luglio presso l’Istituto Padre Semeria in Sparanise, don Massimiliano Domenico Piciocchi metterà a tema la sinodalità all’interno della Chiesa degli Atti degli Apostoli. Il giorno successivo presso il Santuario di Santa Maria Occorrevole in Piedimonte Matese don Emilio Salvatore, Preside della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sottolineerà la dimensione celebrativa del camminare insieme, a partire da una meditazione del brano del libro del Deuteronomio (26,1-11). Concluderá la settimana un nuovo intervento del Vescovo su “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa” (tratto da un Documento della Commissione Teologica Internazionale). L’invito a partecipare è rivolto principalmente ai referenti dei gruppi sinodali delle singole parrocchie delle due diocesi, agli operatori pastorali, ai catechisti, agli insegnanti di religione e a tutti coloro che vogliono conoscere, e radicare la propria fede sulla roccia della Parola di Dio.


Nomina del Parroco di Presenzano

In data odierna il  Vescovo, S.E. Mons. Giacomo Cirulli, ha accolto la rinuncia all’esercizio del ministero di Parroco di San Nicola di Bari e San Felice in Presenzano da parte del Rev.do don Luigi Peccerillo, per motivi di salute; Il Vescovo, pertanto, ha provveduto a nominare Parroco di San Nicola di Bari e San Felice in Presenzano il Rev.do don Antonio Sarnataro. La Celebrazione di inizio del ministero di Parroco si terrà giovedì 14 luglio alle ore 19.00 presso la Chiesa madre di Presenzano.

Solenne processione del Corpus Domini, presieduta dal Vescovo S.E. Mons. Giacomo Cirulli

Domenica 19 Giugno il vescovo presiederà la processione cittadina del Corpus Domini

Si terrà domenica 19 giugno alle ore 19 presso la Cattedrale di Teano la celebrazione eucaristica in occasione della Solennità del Corpus Domini presieduta dal Vescovo S.E. Mons. Giacomo Cirulli.

Il Corpus Domini (Solennità del Corpo e sangue del Signore) è una delle occasioni più sentite anche in termini di pietà popolare. Al termine della celebrazione della Santa Messa, infatti, sì svolge, infatti, in ciascuna parrocchia la eucaristica.

Le radici di questa processione risalgono al XIII secolo, in Belgio, laddove il vescovo sostenne la richiesta di una religiosa che voleva celebrare il Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo al di fuori della Settimana Santa. Ma la sua estensione a tutta la Chiesa risale a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264. L’anno precedente avvenne un miracolo eucaristico in Bolsena, nel Viterbese, quando un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre stava celebrando Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. E qui avvenne il miracolo, poiché in risposta a queste perplessità, dall’Ostia uscirono alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino ed alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina (il corporale è conservato del Duomo di Orvieto). Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua).