Alfonso Feola – Ieri sera, il secondo appuntamento della Settimana biblica interdiocesana ha fatto tappa nel territorio di Alife-Caiazzo, fermandosi a Castel di Sasso, più precisamente a Borgo Sasso. Nella piazza prospiciente la Chiesa parrocchiale di San Biagio, i partecipanti provenienti anche dalla Diocesi di Teano-Calvi si sono dati appuntamento con il Vescovo Mons. Giacomo Cirulli, per continuare il ciclo di riflessioni legate al cammino sinodale. Una tappa all’insegna del ritmo lento e tranquillo del piccolo Borgo, dove l’accoglienza del Parroco Don Paolo Vitale, delle Autorità e delle associazioni locali, fino ai singoli fedeli non si è limitata alla semplice accoglienza, ma si è evoluta in lungo momento di agape fraterna.
La seconda tappa, incentrata sul tema Il popolo in cammino: dall’Esodo all’Alleanza, dalla schiavitù al popolo sacerdotale è stata guidata da Padre Antonio Di Masi, Superiore della Comunità redentorista di Santa Reparata in Teano, il quale ha preso la parola subito dopo l’intronizzazione della Parola di Dio. Il primo passaggio che il Religioso ha voluto affrontare è stato quello che lega il popolo cristiano in cammino e la sinodalità “Quando sentiamo parlare di cammino sinodale, ciascuno di noi ha una sua idea, ma gli elementi fondamentali sono il cammino e la Bibbia, in un tempo straordinario di ascolto della Parola di Dio che diventa un tempo opportuno per l’ascolto tra di noi ‘Chiesa’, ovvero tutti noi battezzati, che abbiamo diritto a parlare e dovere di ascoltare. La lettura del Libro dell’Esodo, che è il secondo libro della Bibbia, ci permette di mettere in risalto proprio l’importanza del popolo.”
Padre Di Masi ha poi rilanciato “La parola ‘esodo’ vuol dire ‘uscita’, dunque cammino: l’esperienza dell’Esodo ci restituisce prima di tutto il concetto di pellegrinaggio dei fedeli che si mettono in cammino per raggiungere un luogo straordinario di esperienza di Dio, dove si prega ma si spera anche di tornare arricchiti spiritualmente, moralmente ed esistenzialmente.” Su questo aspetto prende piede la sinodalità, che “manifesta a noi il carattere pellegrino della Chiesa: l’immagine del popolo di Dio, convocato tra le nazioni, esprime la sua dimensione sociale, storica e missionaria, che corrisponde alla condizione ed alla vocazione dell’essere umano, quale uomo-viator, uomo in cammino, dove tutta l’esistenza è un cammino senza interruzioni. L’immagine che illumina l’intelligenza del mistero è Cristo, inteso come la Via (‘Io sono la Via, la Verità e la Vita’). Cristo, Via che ci conduce al Padre, è la Via di Dio verso l’uomo e dell’uomo verso Dio. L’evento di Grazia, con cui Egli si è fatto pellegrino, piantando la sua tenda in mezzo a noi, si prolunga nel cammino sinodale della Chiesa. Questo, in estrema sintesi, è anche il pensiero della Commissione teologica internazionale, organismo autorevole che mette l’accento sulla dimensione pellegrinante in tutta l’ottica della sua storia e del suo esistere.”
La centralità del popolo e la dimensione pellegrina e sinodale che lo accompagna mostra evidenti analogie tra il popolo eletto ed il popolo cristiano di oggi, dove tutti sono chiamati in causa, tutti sono protagonisti ed in un certo qual modo responsabili del rapporto con Dio e con l’uomo. Una responsabilità condivisa, dove le donne hanno un ruolo centrale e talvolta decisivio, non solo nell’ambito dell’Esodo “Non è Mosè che decide – assicura Padre Masi – ma il popolo intero assume l’impegno dell’Alleanza con Dio e delle sue conseguenze (…) Da popolo di schiavi, diventa perciò popolo sacerdotale che con la sua storia rende lode a Dio: questa dimensione sacerdotale prima di tutto, si manifesta nell’ambito ministeriale del nostro sacerdozio, ma la dimensione radicale è quella di rendere lode a Dio. Un incidente, quello del ‘vitello d’oro’, dimostra anche come il superamento di una colpa grave, del peccato, permette di riprendere il cammino e di rinnovare l’alleanza.” Su quest’ultimo assist, ripreso dai partecipanti nel momento della collatio, il Religioso redentorista ha concluso “Il perdono cristiano è unico nella Storia delle religioni. Altre religioni non hanno il dono di dare il perdono e di ricevere il perdono. Noi dobbiamo ricordarci che non possiamo metterci solo dalla parte di quelli che devono perdonare, ma dalla parte di qualcuno che chieda di perdonare tutte le sue colpe, quali che esse siano (…) Il perdono è Misericordia, prima di tutto: parola grande nell’equilibrio delle relazioni tra l’uomo e Dio nell’Antico Testamento. Questa Misericordia che non è semplicemente tenerezza compassione e sommovimento interiore. In realtà è preoccupazione, perché Dio si preoccupa di noi in tutto. Fguriamoci se vuole distruggerci dopo aver vissuto una fragilità, una debolezza, un peccato od un delitto! Dietro tutto questo c’è sempre l’ideale della conversione: l’immagine massima è quella del buon ladrone in croce, che riesce ad afferrare il perdono e la salvezza”.